PRESENTAZIONE

FIBER ART
Brevi Cenni Storici
 
             
 
Fiber art, textile art, soft sculpture, art fabric sono tutti nomi inglesi che non hanno ancora trovato una soddisfacente traduzione nella lingua italiana.

La traduzione “arte tessile” implica un sottinteso di manualità artigiana che è ben lungi da connotare le opere che appartengono a questa corrente artistica.

Negli anni ’80 si era adottato il termine “tessitura di ricerca”, termine poi velocemente abbandonato perché troppo strettamente collegato alla tecnica del fare tessile.

Permane la definizione “fiber art” ormai internazionalmente riconosciuta alla quale si riferiscono anche tutti gli artisti italiani attivi in questo settore.
 
 
             
   
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Per fiber art (malamente tradotto con arte della fibra) si intende non la tecnica di produzione di tessuti ma quel medium di espressione e creatività artistica che fa riferimento alla tecnica dell’intreccio primario della tessitura e/o all’uso della fibra in tutte le sue varie forme (filata, grezza, come riferimento archetipico, o a livello concettuale).

Il problema che sin dagli inizi ha dovuto affrontare la fiber art è stato quello della sua collocazione nell’ambito delle arti: l’attività creativa manuale, anche quando decisamente al di fuori della categoria di “utilità”, ha diritto correntemente solo ad uno status inferiore. Per meglio esemplificare, notiamo che l’espansione della definizione di arte dopo Duchamp porta ad includere la cartolina, l’object trouvé ma non l’elaborato tessile. Ciò è chiaramente dovuto ad un pregiudizio contro la manualità – quasi un residuo di una fase inferiore della cultura.

     
             
 
Il problema che si pone immediatamente a questo punto è quello di decidere dove finisce l’artigianato e dove comincia l’arte. Alla luce di tutto ciò che è avvenuto ed è stato discusso in passato, possiamo azzardarci a dire che l’artigiano sa ciò che è capace di fare mentre l’artista esperimenta l’ignoto, molto spesso attraverso un uso non convenzionale dei materiali e dei metodi artigianali. Questa precisazione è resa necessaria per la difficoltà incontrata dalla fiber art a disgiungere se stessa dal concetto di arte applicata o arte minore, riferita di solito alla tessitura di produzione. Il passaggio da questo stadio a quello che ora le compete, cioè al pieno inserimento nell’ambito delle arti a tutto diritto, passa per alcuni momenti storici del recente passato. Qualche breve cenno servirà a meglio illustrare questa evoluzione.
     
             
 
Il primo momento di grossa rivitalizzazione della produzione artistico/artigianale inizia con il movimento delle “Arts & Crafts” reso fruttuoso e possibile soprattutto dalle novità introdotte da William Morris in Inghilterra nella seconda metà dell’800. E’ lui il primo a sostenere il bisogno di unificare tutto il ciclo di produzione di un manufatto: dall’ideazione, all’esecuzione, all’introduzione nell’ambiente che gli compete. Il creatore deve essere allo stesso tempo capace di seguire la tecnica di esecuzione di un determinato prodotto tenendo anche in mente le esigenze della collocazione nell’ambiente. Sostenendo, inoltre, la necessità di una sicura attualità del prodotto, Morris iniziò quel processo di unificazione di spirito creativo, abilità manuale/tecnica e conoscenza culturale che sarebbero divenuti i necessari requisiti di chi si pone seriamente dinanzi ad un problema di ideazione e creazione. Morris si occupò della produzione sia di tessuti che di arazzi facendo confluire in questa produzione i suoi assunti ed è perciò che, nell’ambito della storia dell’evoluzione della fiber art, egli costituisce un punto di riferimento. Non più arazzi eseguiti su cartoni - elementi decorativi a se stanti – per lo più riferiti ai capolavori del passato o loro pedissequi rifacimenti, bensì manufatti nuovi riferiti al gusto e allo stile contemporaneo, inseriti in ambienti dello stesso tipo in uno spirito che rispecchiasse la realtà del momento storico vissuto e le sue necessità pratiche.
     
             
 

Un tentativo ancora più deciso di conglobare in un unicum le potenzialità dell’artista e dell’artigiano sarà quello eseguito dalla Bauhaus. A titolo esemplificativo, citiamo Gropius: “Non v’è differenza tra l’artista e l’artigiano. Sono solo rari istanti, istanti di illuminazione, o per volontà o per grazia del cielo, in cui l’opera delle sue mani diviene arte. Ma tutti gli artisti devono necessariamente possedere una competenza tecnica. E’ questa la vera fonte dell’immaginazione creatrice…” (1969, Parigi, Catalogo della mostra dedicata alla Bauhaus). L’ideatore-esecutore è ormai un’unica persona. Va ancora detto che la scuola della Bauhaus si occupò seriamente dell’arte tessile aprendo a nuove metodologie e sperimentazioni.

Se tralasciamo ora l’obbiettivo della produzione in serie, possiamo, tuttavia, cogliere l’essenza del termine che verrà coniato alla fine degli anni ’60 negli Stati Uniti: “artist/artisan”, con riferimento soprattutto alla fiber art e alla ceramica. Questa definizione tende a rilanciare il valore dell’abilità tecnica e la capacità di esecuzione manuale unita alla capacità ideativa e creativa. Si spiega così la riconsiderazione dell’artigianato, lo studio dei suoi metodi di fabbricazione che non è recupero di tradizioni popolari né sperimentazione di passaggio alla produzione industriale ma momento ove tutte le arti confluiscono.

     
             
 

Un altro momento storico e, diremo, quasi definitivo per lo sviluppo della fiber art è l’opera di Jean Lurçat. Risaliamo al 1937, anno in cui egli fornisce alle Manifatture Gobelins di Parigi due cartoni per arazzo predisponendo già in maniera precisa i colori per l’esecuzione, ovvero eliminando qualsiasi interpretazione personale da parte dell’arazziere. Un ulteriore passo in avanti si avrà quando l’ideatore del cartone eseguirà lui stesso la sua opera a telaio unificando così in un'unica persona il momento ideativo e creativo. Ed infine la fiber art sarà totalmente libera quando per il cartone non si partirà più da un concetto puramente pittorico ma si adotteranno concetti intrinsecamente tessili.

Tra gli avvenimenti storici più importanti che hanno contrassegnato lo sviluppo recente della fiber art, ricorderemo in particolare la Triennale di Milano del 1957 in cui vennero presentati i lavori di artisti polacchi (Scuola di Cracovia) e jugoslavi (Jagoda Buic). Le opere di questi artisti della fiber art crearono una grande sensazione a causa della novità della concezione artistica. Accenneremo, inoltre, alle prime grandi mostre di fiber art che si tennero soprattutto negli Stati Uniti negli anni ’50 ed, in particolare, a “Textile USA”. Citiamo dal catalogo: “Venivano creati nuovi valori nell’ambito di una situazione totalmente nuova – una cultura manuale cresceva all’interno di una potente società industriale”.

     
             
 

Nel 1962, infine, nasce la prima Biennale de la Tapisserie Ancienne et Moderne a Losanna, curata da Jean Lurçat. Da quell’anno in poi – e fino al 1992, anno in cui chiuse i battenti - la Biennale di Losanna diverrà uno dei punti di riferimento e di raccolta di idee ed un terreno di confronto per gli artisti attivi nel campo della fiber art. Siamo, dunque, ormai negli anni ’60 che tanta importanza dovranno avere per quest’arte.

La creatività in campo tessile passa attraverso una fase di violenta aggressività espressiva: in questi anni si producono le opere più disparate, moltissime le tecniche e le forme sperimentate. Si abbandona la forma rettangolare o quadrata , si passa alle superfici gigantesche, si afferma la forma tridimensionale. (N.B. La dimensione è anche obbligata dalle misure imposte dalla Biennale di Losanna ,10m.quadrati, che rimarranno tali fino al 1977).

     
             
 

Dagli intrecci a stuoia alle tecniche più complesse, dai materiali tradizionali a quelli industriali, di recupero, della varietà più disparata: le corde, la lana grezza, i materiali sintetici – tutto è possibile al fine di creare un nuovo impatto visivo e tattile. E’ questo uno stadio romantico della fiber art, un’esplosione di entusiasmo e rinnovata creatività in un ambito tutto da sperimentare e totalmente aperto a qualsiasi innovazione. E’ un momento emozionale, eroico ed avventuroso.

(Storicamente si fa riferimento all’Espressionismo Astratto o meglio siamo nell’ambito dell’espressionismo materico che nasce proprio negli Stati Uniti sulla scia dell’emigrazione europea a causa delle leggi razziali e all’elaborazione dell’informale materico (Fautrier, Dubuffet, Tàpies, Burri). (Black Mountain College/Cranbrook Academy of Arts, Michigan) Questo spirito si riflette chiaramente sul modo di “fare tessitura”. Un esempio di questo spirito innovatore è l’adozione del metodo “off loom”, ovvero arte fuori dal telaio. E’ il gran momento in cui l’arte tessile si libera totalmente dall’inserimento nell’ambito classico delle “arti minori” o “arti applicate”.

Tutti i raggiungimenti degli anni ’60 vengono mantenuti nella decade susseguente. Negli anni ’70 si assiste però all’inizio di una fase più analitica di approccio a questo medium in cui tutte le nuove conquiste vengono più attentamente vagliate e studiate. Non si tratta di una reazione bensì di uno sviluppo in profondità. C’è innanzi tutto una rivalutazione delle tecniche a telaio che non è, si badi bene, un atteggiamento di revival. Ciascuna tecnica diviene medium che sfida la fantasia e l’abilità dell’artista. Il gusto si raffina e si adottano metodi di analisi formale e strutturale; bisogna tener conto che il fruitore degli anni ’70 è anche più pronto ad accettare le più disparate forme di espressione, è capace di analizzare superfici e materie. L’interrelazione tra materiali e tecniche diviene molto stretta: sia il materiale che la tecnica possono essere il punto di partenza per ideare ed analizzare un’opera.

     
             
 

Gli anni ’80 non hanno portato grandi novità;  anzi, si può dire che, dopo tante innovazioni ed entusiasmo, si sia verificata una certa stasi e ripetitività di invenzione – eccezion fatta per alcuni artisti che, proprio in questo decennio, hanno invece raggiunto il massimo della loro creatività (cfr. Magdalena Abakanowitz, Ritzi e Peter Jacobi, Jagoda Buic).  Nel campo della fiber art si afferma sempre più la scultura e l’installazione.
Il dato positivo degli anni ’80 è che le mostre di fiber art divengono più numerose e di pari passo i poli di confronto e i luoghi di incontro si moltiplicano.  Una grande attenzione viene dedicata al piccolo formato (minitexture) che ha, tra l’altro, il merito di essere facilmente trasportabile.

La scena degli anni ’90 offre un ampio panorama di attività e mostre  che puntano a sottolineare le nuove frontiere di quest’arte. Arte tessile, dunque, o fiber art, fabric art, nouvelle tapisserie, moderne Tapisserie, ecc. che dir si voglia.
Come già detto, nel 1992 si chiude la Biennale di Losanna su uno spunto polemico:  la necessità di ripensare le mete e i traguardi che la fiber art vuol raggiungere…Resta la Triennale di Lodz in Polonia, la Triennale di Kyoto in Giappone, la Biennale di Minitextures di Szombathely in Ungheria, le Triennali e Biennali di arazzo tradizionale in Belgio e Francia (Tournai e Beauvais), per parlare dell’Europa. Gli Stati Uniti e il Giappone sono stati gli antesignani in questo campo e vantano rassegne ed esposizioni di altissimo livello.

     
             
 

In Italia, dopo una partenza lenta e molto più legata all’arazzeria tradizionale (pittore cartonista ed esecutore arazziere), si è sviluppato in questi ultimi vent’anni  un interesse per quest’arte. Ricorderemo le tappe fondamentali:
“Gubbio ‘76”, “Tessitura”, Città di Castello, 1979, “Dimensioni Tessili”, Roma, 1979, Galleria Accursio a Bologna, 1980, “Ricerca e Tissuralità”, Castello di Genazzano, 1982,  “Morbide & Trame”, Galleria Civica d’Arte Moderna, Ascoli Piceno, 1982, “Tessitura e Oltre”, Galleria Di Sarro, Roma, 1983, “Italia-Ungheria, Il Piccolo Formato Tessile”, Palazzo Venezia, Roma, 1985, “Texture ’85 e ‘86”, Verona e Milano, “Artelago”, Cascina Stalvitale, di Osmate, 1986, “Il Medium Tessile”, Pordenone, 1987, “Trame nello Spazio”, Treviso, 1988, “Dimensioni Tessili”, Tarcento, 1988, “Textilia”, Vicenza, 1988, per poi proseguire con mostre sempre più numerose e selezionate fino a “Off Loom, Arte fuori dal Telaio”, Roma, Complesso di S. Michele a Ripa, 2000, prima mostra di ricognizione degli artisti italiani della fiber art, “La Fiber Art al Centro”, Biennale di Amelia, 2002, 2004 e 2006. “Off Loom” ritorna nel 2015 presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma e diviene il più qualificato punto di riferimento nell'ambito della Fiber Art italiana. La Fiber Art è presente anche al Festival dei Due Mondi di Spoleto a partire dal 2015.

Ricordiamo inoltre l’Associazione “Le Arti Tessili” di Montereale Valcellina (Pordenone) che dal 1986 rappresenta l’Italia nel mondo della fiber art e cura e segue l’arte tessile in tutte le sue accezioni. L’Associazione ha anche istituito il Premio Internazionale Valcellina per Giovani Artisti Tessili che è già alla sua decima edizione e serve da polo di riferimento per tutta la giovane fiber art italiana.  E’ stata, inoltre, istituita la Biennale dell’Arte Tessile di Chieri (Torino) divenuta ora collezione permanente e la Mostra Annuale dei Minitessili a Como, due rassegne che possono vantare una frequentazione internazionale entrando, così, a fare parte del panorama globale della fiber art.  Nel 2006 la mostra “Tramarte”, Museo Civico di Foggia diviene un polo della fiber art nell’Italia del Sud ed ha ora scadenza biennale ponendo però l’accento sulla carta con il nome di “Tracarte”.

Dal 2015 è attiva anche la Galleria d’Arte e dei Tessuti di Giuseppina Caldarola che riuscirà a dar vita alla Biennale di Fiber Art di Spoleto, divenuta ormai un polo di riferimento importante.

Dal 1992 esiste anche il gruppo Tapisserie Jeune a Roma, fondato da Lydia Predominato.